Sorgente

A colloquio con il dottor Francesco Francioso, coordinatore dei servizi ADI di Sorgente srl

Umanizzazione delle cure vuol dire che il tempo della cura comprende anche quello della relazione: è la stessa legge italiana (quella sul consenso informato) a prevedere per diritto ciò che è stato già compreso nella prassi, ovvero che il paziente non coincide con la sua malattia, ma è una persona con emozioni, sentimenti e fragilità spesso accresciute dalla malattia stessa.

Consapevole di ciò, Sorgente srl ha incentrato la sua attività di assistenza domiciliare integrata (ADI) sul perseguimento di un rapporto umano, leale e costante col paziente, avvalendosi di un personale non solo altamente qualificato, ma anche disponibile nell’animo verso chi è più debole.

L’ADI, per sua natura, vuole mettere a suo agio la persona malata, perché consiste in un complesso di prestazioni e di interventi, rivolti ad anziani, disabili permanenti e temporanei e a malati oncologici, che vengono svolti nel domicilio del paziente. E il sollievo non è solo per quest’ultimo, ma anche per i suoi familiari che lo assistono 24 ore su 24.

Offrire cure a domicilio è una modalità che garantisce alti livelli di qualità della vita, a parità di efficacia delle prestazioni sanitarie e socio-sanitarie, creando un ambiente più confortevole dal punto di vista psicologico e scongiurando il ricovero in strutture ospedaliere e in case di riposo, che spesso creano stress e disagi ai pazienti e ai propri familiari.

Una prova concreta del lavoro svolto in questi anni da Sorgente srl proviene da chi lo vive ogni giorno: per questo, abbiamo intervistato il dottor Francesco Francioso, coordinatore dei servizi ADI di Sorgente srl.

Dottor Francioso, di quale tipologia di assistenza domiciliare integrata vi occupate?

Ci occupiamo principalmente di assistenza domiciliare integrata di terzo livello, rivolta a pazienti che presentano bisogni con elevato livello di complessità in presenza di criticità specifiche. Questo tipo di assistenza si articola 7 giorni su 7 e consiste in interventi professionali rivolti a persone che necessitano di nutrizione artificiale enterale e parenterale, di supporto ventilatorio invasivo, o che sono in stato vegetativo e stato di minima coscienza, o in fase avanzata e complicata di malattie cronico­ degenerative e/o progressive. Parliamo di persone portatrici di malattie come Sla, sclerosi multipla, bambini con patologie rare. In via residuale, effettuiamo anche assistenza domiciliare prestazionale, di primo e di secondo livello.

Quali sono le figure professionali che erogano le cure domiciliari integrate?

Per l’area sanitaria, sono medico di medicina generale, pediatra di libera scelta, infermiere, medico specialista e medico palliativista, case manager, terapista della riabilitazione, dietista, assistente sociale, logopedista, educatore professionale, psicologo, operatori sociosanitari impiegati nella funzione di aiuto­infermieristico. Per l’area sociale, l’assistente sociale professionale dell’Ambito territoriale o dei Comuni, operatori sociosanitari per l’aiuto personale e l’assistenza tutelare estensiva e continuativa, operatori socioassistenziali (assistenti familiari), volontari, per il lavoro di compagnia, il disbrigo pratiche, il sostegno relazionale.

Dunque, ogni giorno entrate nelle case delle persone per aiutarle e curarle?

Praticamente 7 giorni su 7. In certi casi, infatti, ci occupiamo di pazienti tracheostomizzati, dipendenti dalla ventilazione assistita 24 ore su 24, e sappiamo quanto sia importante essere precisi al millimetro e scrupolosi nelle tempistiche, così come nei trattamenti.

Eppure, non si tratta solamente di prestare cure mediche, vero?

Stando a contatto ogni giorno con queste persone, è inevitabile instaurare con loro un rapporto umano, anzi, credo sia un aspetto fondamentale del processo di cura. Spesso ci si racconta vicendevolmente, si scherza, quando è possibile, o si condividono le preoccupazioni e le ansie dei pazienti, ma anche delle loro famiglie. I caregiver, in particolare, fanno affidamento sui nostri suggerimenti su come affrontare i cambiamenti, i peggioramenti e le difficoltà di chi vive una situazione di disabilità grave. È una relazione diffusa, quella di chi si occupa di ADI, che deve tener conto delle esigenze non solo del paziente, ma anche di chi si prende cura di quest’ultimo.

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