Nella Giornata Mondiale della Poesia (promossa vent’anni fa dall’Unesco) ricordiamo la grande Alda Merini, che oggi avrebbe compiuto 90 anni.
Ritratta in una delle sue foto più conosciute, celebriamo la penna che scriveva di lucida follia, tra fantasia e realtà, tra ombra e luce.
E’
proprio il “folle” a vedere, più di ogni altro, oltre gli umani pudori, sensibile all’insensibilità del mondo, pazzo in un mondo pazzo, ma di cui non si può ignorare l’intrinseca poesia.
Una delle più grandi compositrici contemporanee, la poetessa dalla sensibilità del poeta romantico, afflitta -suo malgrado- da un grave disturbo bipolare.
Trascorse buona parte della propria vita in manicomio ma trasse da questa sua esperienza la voglia di scrivere dell’amore, quell’amore che ella stessa aveva ricevuto quasi per niente, ma abbondantemente elargito. Un amore donato con generosità fino all’ultimo istante della sua esistenza, verso l’umanità e nei suoi scritti carichi di emozione e di verità.
La Merini conservò un atteggiamento umano, senza urla o lamenti, anzi, scrisse e scrisse lettere ai medici, imprimendo in esse tutto il dolore per il tiepido amore del marito, reticente nei confronti della malattia della quale la moglie era afflitta. Consapevole com’era di un processo di disumanizzazione della vita in manicomio, dove proprio i medici, insensibili alle stridenti richieste di aiuto e di attenzione dei pazienti, infliggevano loro la pena tormentosa dello psicofarmaco, antidoto di cinica incoscienza in cui si vegeta, appena consapevoli dei rumori e degli avvenimenti del mondo che ci circonda: un limbo di barbarie il manicomio, dove i sedativi e l’elettroshock (a cui la stessa Merini fu sottoposta) costituivano la profilassi standard per ogni patologia.
Nonostante una vita di affanni e profonde sofferenze, l’eterna emozione per lo scrivere versi seppure amari, furono la vera salvezza della sua anima. “La poesia di Alda Merini rappresenta tutt’oggi un bagaglio ancora inesplorato di parole, pulsioni e sentimenti da scoprire”: la poesia intesa come “una nicchia personale in cui si aspetta il vero miracolo di salvezza”.